E’ VERO CHE LA DONNA DEVE ASPETTARE 300 GIORNI PER CONTRARRE NUOVO MATRIMONIO?

02.04.2022

In molti mi chiedono se vige ancora il principio in base al quale la donna, dopo la conclusione del precedente matrimonio, deve aspettare 300 giorni prima di potersi nuovamente sposare. L'articolo del codice civile che prevede detto divieto è attualmente vigente, ma è valido soltanto in determinati casi. Il legislatore precisa infatti che detto divieto è escluso nel caso in cui lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili -ossia il divorzio- del precedente matrimonio viene domandato nei casi in cui:

  • è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970;
  • il matrimonio non è stato consumato;
  • il matrimonio è stato dichiarato nullo per impotenza , anche soltanto di generare, di uno dei due coniugi.

Negli altri casi, la donna può contrarre matrimonio soltanto dopo che siano trascorsi 300 giorni dallo scioglimento, dall'annullamento o dalla cessazione degli effetti civile del precedente matrimonio. Ma quali sono gli altri casi? In molti non sanno che lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio possono essere domandati da uno dei coniugi anche ove si verifichino le seguenti circostanze:

1) quando, dopo la celebrazione del matrimonio, l'altro coniuge è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, anche per fatti commessi in precedenza:

  • a) all'ergastolo ovvero ad una pena superiore ad anni quindici, anche con più sentenze, per uno o più delitti non colposi, esclusi i reati politici e quelli commessi per motivi di particolare valore morale e sociale;
  • b) a qualsiasi pena detentiva per il delitto di cui all'articolo 564 del codice penale e per uno dei delitti di cui agli articoli 519, 521, 523 e 524 del codice penale, ovvero per induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione;
  • c) a qualsiasi pena per omicidio volontario di un figlio ovvero per tentato omicidio a danno del coniuge o di un figlio;
  • d) a qualsiasi pena detentiva, con due o più condanne, per i delitti di cui all'articolo 582, quando ricorra la circostanza aggravante di cui al secondo comma dell'articolo 583, e agli articoli 570, 572 e 643 del codice penale, in danno del coniuge o di un figlio.

2) quanto l'altro coniuge è stato assolto per vizio totale di mente da uno dei delitti previsti nelle lettere b) e c) sopra indicate quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta l'inidoneità del convenuto a mantenere o ricostituire la convivenza familiare;

3) nei casi in cui il procedimento penale promosso per i delitti previsti dalle lettere b) e c) sopra indicate si è concluso con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ritiene che nei fatti commessi sussistano gli elementi costitutivi e le condizioni di punibilità dei delitti stessi;

4) ove il procedimento penale per incesto si è concluso con sentenza di proscioglimento o di assoluzione che dichiari non punibile il fatto per mancanza di pubblico scandalo;

5) nel caso in cui l'altro coniuge, cittadino straniero, ha ottenuto all'estero l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all'estero nuovo matrimonio;

6) quando è passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso a norma della legge 14 aprile 1982, n. 164.