Trasferimento del lavoratore e demansionamento

26.06.2018

La riforma del lavoro voluta dalla legge 183/2014, comunemente denominata job act, ha inciso sul cosiddetto jus variandi assicurando maggiore flessibilità al datore di lavoro che può disporre sia il trasferimento del lavoratore subordinato sia il demansionamento. Oggetto di dibattito in dottrina è l'art 2103 del codice civile il quale recita: "In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore".

Il trasferimento del lavoratore, si sostanzia principalmente in uno spostamento definitivo e senza limiti di durata. Se riguarda il singolo lavoratore è un trasferimento individuale e solimatamene viene disposto dal datore di lavoro (unilateralmente o previo consenso del dipendente espresso nel contratto individuale) ma può anche essere richiesto dal lavoratore, se riguarda più lavoratori, è un trasferimento collettivo. Il trasferimento del lavoratore è disciplinato dall'art. 2103 c.c. che stabilisce le condizioni che il datore di lavoro deve rispettare affinché sia valido. Dalla lettura del testo normativo si evince che alla base del trasferimento del lavoratore devono sussistere comprovate esigenze tecniche, organizzative e produttive. L'eventuale controllo giudiziale sulla legittimità della scelta del datore è limitata al mero accertamento dei presupposti di fatto in relazione alle esigenze oggettive dell'impresa e non può estendersi all'opportunità del trasferimento.

Pertanto, i trasferimenti devono essere motivati da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive e avvenire obbligatoriamente da unità produttiva ad un'altra nell'ambito della stessa azienda, non può avvenire presso stabilimenti, uffici o reparti della stessa azienda che non siano autonomi.

Il lavoratore non potrà opporsi al trasferimento disposto secondo legge e rispettoso del contratto collettivo, anzi, di fronte ad un rifiuto non motivato del lavoratore, il datore può intimare il recesso per ragioni disciplinari. Diversamente, nel caso in cui il trasferimento venga disposto arbitrariamente ed in violazione dei parametri di legittimità richiesti, il lavoratore ha diritto ad opporre un rifiuto.